La risposta è affermativa: per le trasferte fuori Comune al lavoratore sportivo può essere riconosciuta l’indennità chilometrica per un importo non superiore alle Tabelle ACI. Per trasferta deve intendersi ogni spostamento che il lavoratore debba compiere con l’auto propria per esigenze legate all’attività in favore del sodalizio sportivo al di fuori del Comune dove è situato l’impianto sportivo, che laddove sia il luogo dove è ordinariamente esercitata l’attività sportiva, è considerato quale sede di lavoro.

Consigliamo di tesserare il calciatore con un tesseramento volontario e poi eventualmente, in un momento successivo, stipulare ed inviare il contratto di lavoro sportivo, dopo aver verificato attentamente le disposizioni ufficiali del decreto correttivo e degli accordi collettivi, le cui uscite sono previste entro la fine della prossima settimana.

In attesa del correttivo al D.Lgs. 36, attualmente all’esame di Camera e Senato, e nonché del Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali sulle retribuzioni e i premi ai fini dell’assicurazione Inail, il calciatore o l’allenatore contrattualizzato deve essere iscritto all’Inail. Si consiglia in tal caso di rivolgersi ad un consulente del lavoro per scegliere la classe di rischio e l’aliquota contributiva più idonea, consapevoli che allo stato attuale non ve ne è una specifica per il lavoro sportivo e che il D.Lgs. 36 già prevede che l’assicurazione obbligatoria Inail non dovrà sovrapporsi all’assicurazione sportiva già esistente. Ovviamente, una volta che il correttivo dovesse – come pare – sancire un esonero dall’assicurazione obbligatoria Inail per i rapporti sotto i 5.000 euro annui, o il Decreto Min Lav. abbia introdotto aliquote specifiche per i lavoratori sportivi nel mondo del dilettantismo, sarà possibile rispettivamente revocare l’iscrizione all’Inail per i casi di esonero, o modificare l’inquadramento originariamente adottato per i casi in cui permanga l’obbligo assicurativo.

Il contratto di lavoro sportivo può essere integrato successivamente inviando un accordo firmato da entrambe le parti (società/calciatore), con cui possono essere variate alcune clausole accessorie (ad es. modificare modalità e periodicità di pagamento del compenso durante la stagione sportiva).

A questo riguardo la Lega Nazionale Dilettanti sta implementando il sistema per consentire tale operazione.

Ricordiamo che la soglia di esenzione dall’Irpef e dalle imposte sostitutive di € 15.000 per i compensi dei lavoratori sportivi e dei collaboratori amministrativo gestionale vale in relazione all’anno solare, cioè dal 1 gennaio al 31 dicembre di ogni anno. Segnatamente per il periodo 1 luglio/31 dicembre 2023 si dovrà tener conto anche di eventuali compensi percepiti dal 1 gennaio al 30 giugno dello stesso anno, ai sensi dell’art. 67 del TUIR (i vecchi compensi sportivi). Ad esempio un calciatore che abbia già percepito la somma di € 8.000 dal 1 gennaio al 30 giugno 2023, verrà sottoposto a tassazione sui compensi riscossi dal 1 luglio al 31 dicembre 2023 che risulteranno superiori a € 7.000 (15.000 – 8.000 = 7.000). È quindi importante sia in questa prima fase di applicazione della riforma, ma anche in seguito, che il lavoratore sportivo autocertifichi, al momento dell’incasso del compenso, l’ammontare dei compensi percepiti nell’anno solare.

La riforma introdotta con il D.Lgs. 36/2021 e successive modificazioni e integrazioni non ha alcun effetto sul regime forfetario di cui alla 398/91, che continua a operare in base ai requisiti e secondo le modalità finora operanti. Quello che l’impianto di cui alla riforma ha totalmente soppiantato è infatti il regime dei compensi sportivi di cui all’art. 67, comma 1, lett. m) del TUIR, che è divenuto inapplicabile a partire dal 1 luglio 2023.

Se retribuita e non volontaria, la figura del custode, così come quella dell’addetto alle pulizie, del magazziniere, dell’autista, per quanto indispensabili ai sodalizi sportivi, al momento non rientrano nella definizione di “lavoratore sportivo” di cui all’art. 25 del D.Lgs 36/2021. Alle stesse pertanto non può applicarsi la relativa disciplina agevolativa. Si attende dalla FIGC l’eventuale individuazione delle mansioni da considerarsi necessarie allo svolgimento dell’attività sportiva.

Allo stato attuale  le mansioni sopraccitate non configurano neanche rapporti di collaborazione amministrativo gestionale, che è invece appannaggio di mansioni amministrative e di segreteria.

Chi non svolge mansioni sportive, che consentono la qualifica di lavoratore sportivo, né di carattere amministrative gestionale, è dunque un lavoratore ordinario al quale di applicano le norme di diritto comune, anche se il rapporto è instaurato con un sodalizio sportivo; anzitutto, quindi, laddove il rapporto preveda, nel concreto, l’esercizio di un potere di controllo e direttivo da parte del sodalizio sportivo, andrà inevitabilmente qualificato come lavoro subordinato.

Se invece, sempre nel concreto, il rapporto con il custode, ancorché vincolato a rispettare determinati orari, si caratterizzasse per l’autonomia della prestazione si potrebbe far ricorso alla collaborazione coordinata e continuativa. Al riguardo si evidenzia che nel quadro normativo vigente, il legislatore del Jobs Act – sulla riforma delle tipologie contrattuali – pur affermando come principio generale la centralità del rapporto di lavoro subordinato, ha riconosciuto la peculiarità del settore sportivo dilettantistico e introdotto con l’art. 2 comma 2 lett. d) del d. lgs. n.81/15 la possibilità di stipulare valide collaborazioni etero organizzate – caratterizzate anche per l’inserimento del lavoratore nella struttura del committente e/o per il coordinamento sull’orario di lavoro – quando rese per fini istituzionali a favore di a.s.d./s.s.d. e ciò in deroga alla regola generale che invece comporta l’applicazione ex lege della disciplina del lavoro subordinato ad ogni ipotesi di co.co.co organizzata dal committente.

Si, la riforma introdotta con il D.Lgs. 36/2021 e successive modificazioni e integrazioni detta norme in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, e si applica senza distinzione anche al comparto sportivo giovanile, dell’una o dell’altra tipologia.

La figura del volontario è essenzialmente, e rigorosamente, gratuita, e pertanto le prestazioni dei volontari non sono retribuite in alcun modo, nemmeno dai beneficiari, e nemmeno a titolo di rimborso forfetario. È possibile riconoscere esclusivamente il rimborso delle spese effettivamente sostenute per le trasferte fuori dal comune di residenza degli stessi; dal punto di vista operativo ci sono tre diverse modalità, anche concorrenti, da utilizzare per la documentazione del rimborso:

I. nota a piè di lista:si devono indicare luogo, data e motivo della trasferta e riepilogate le spese sostenute per svolgere la missione allegando materialmente i documenti giustificativi di spesa (ricevute fiscali, fatture, biglietti di viaggio, ricevute di pedaggio autostradale, scontrini etc.);

II. indennità chilometrica:ammessa nel caso di utilizzo di veicolo proprio da parte del volontario, a condizione che sia analitica, ovvero quantificata in base al tipo di veicolo e alla distanza effettivamente percorsa, tenendo conto degli importi di cui alle tabelle nazionali dei costi chilometrici di esercizio di autovetture e motocicli elaborate dall’ACI ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del d.lgs. 2 settembre 1997, n. 314 o dei parametri deliberati dal consiglio direttivo o organo amministrativo del sodalizio, purché comunque, non superiori rispetto alla tabella ACI; anche in questo caso il volontario presenta una distinta o nota a piè di lista, dando conto di luogo, data, motivo della trasferta e indicando il calcolo dell’indennità in base ai chilometri percorsi; si può usare anche lo stesso documento che dettaglia le altre spese documentate di cui sub.i);

III. autocertificazione: il correttivo-bis, non ancora definitivo, dovrebbe prevedere in analogia con quanto già previsto per il terzo settore, che le spese sostenute dal volontario possono essere rimborsate anche a fronte di autocertificazione resa ai sensi dell’articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, purché non superino l’importo di 150 euro mensilie l’organo sociale competente deliberi sulle tipologie di spese e le attività di volontariato per le quali è ammessa questa modalità di rimborso. Si tratterebbe di una semplificazione contabile, che consente di rimborsare le spese senza ricorrere alla nota piè di lista con raccolta e conservazione dei documenti allegati, ma non ripristina la possibilità di riconoscere rimborsi forfettari; la modalità deve essere preventivamente deliberata dal consiglio direttivo od organo amministrativo del sodalizio che dovrà anche individuare la tipologia di spese per cui è ammessa.

A questo riguardo informiamo che il Presidente della FIGC Gravina nell’ultima audizione presso le commissioni parlamentari ha richiesto che in caso di autocertificazione la cifra sia individuata in € 400 mensili.

I medici e i fisioterapisti, essendo figure appartenenti a professioni ordinistiche esistenti al di fuori dell’ordinamento sportivo, non sono considerabili “lavoratori sportivi”. Il loro inquadramento segue pertanto le regole ordinarie, e dunque potranno essere considerati dipendenti o, ricorrendone i presupposti, co.co.co ordinari, oppure esercitare la professione con partita Iva, ma in ogni caso senza avere riconosciute le agevolazioni spettanti ai lavoratori sportivi.