A.S.D. NUOVA GROSSETO BARBANELLA

L’allenatore Giampaolo e il dirigente Carmelo hanno convocato tutta la squadra in un parcheggio all’inizio della strada del mare. I calciatori della Juniores della Nuova Grosseto Barbanella arrivano alla spicciolata, chi col motorino e chi con la macchina, tutti con la divisa sociale amaranto della loro società di appartenenza. Sembrano pronti per infilarsi negli spogliatoi e prepararsi a scendere in campo. Solo che intorno a questo parcheggio non si vedono né palloni né rettangoli verdi. E i ragazzi difatti non hanno nemmeno i borsoni da calcio con loro. Si tratta, insomma, di un allenamento molto speciale: il primo appuntamento del progetto educativo “Non solo piedi buoni”, che propone a questi giovani atleti grossetani un percorso di amicizia e di volontariato lungo un anno presso la sede dell’associazione “La Farfalla”, specializzata in cure palliative per malati di tumore. Il progetto entra nel vivo all’inizio di questo mese, quando i ragazzi cominceranno ad alternarsi tutti i lunedì pomeriggio a piccoli gruppi in questa palazzina molto accogliente e luminosa, ma anche carica di sofferenza e di richieste di aiuto. Intanto però, nell’incontro preliminare di oggi pomeriggio, la Juniores della Nuova Grosseto si è presentata a ranghi compatti, per rompere il ghiaccio e prendere confidenza con questo luogo importante. A fare gli onori di casa è Loriana, presidente dell’associazione: una maestra in pensione che a titolo di volontariato si dedica a coordinare il lavoro di tanti professionisti (medici, infermieri, psicologi) ai quali i malati oncologici ospiti qui si affidano per le terapie. “Vi vedo così attenti e così pensierosi. Immagino che in questo momento vi starete chiedendo: ma noi ragazzi che giochiamo a pallone e che ci prepariamo a lavorare in altri campi rispetto a quello sanitario, noi qui che ci stiamo a fare? A cosa possiamo servire?”. L’interrogativo di Loriana sembra cogliere nel segno. Ma subito viene riempito dalle parole rassicuranti e fiduciose della stessa presidente della Farfalla, e anche del mister Giampaolo e di uno dei giovani calciatori. “Penso che noi, alle persone che vengono qui a curarsi, possiamo portare la nostra compagnia e la nostra amicizia, che non è poco”, argomenta l’allenatore dei ragazzi, che nella vita dirige una casa di riposo per anziani: “A seconda dell’età dei pazienti che Loriana e i suoi collaboratori ci faranno incontrare parleremo di calcio, cioè della nostra grande passione, in un modo diverso: coi più giovani parleremo di fantacalcio, mentre ai più anziani magari chiederemo di parlarci di Rivera e Mazzola. E poi a partire dal calcio parleremo di noi, e chiederemo a queste persone se vogliono raccontarci chi sono loro, per imparare un po’ dalla loro vita al di là della malattia”. Poi interviene anche Diego, uno degli attaccanti della squadra amaranto: “E’ una proposta che non ci aspettavamo. Per noi sarà una stagione ancora più piena di sfide. Già abbiamo da affrontare un campionato regionale in cui arriviamo da neopromossi, con trasferte anche di 200 km. E ora questo gemellaggio con la Farfalla…

Noi Juniores della Nuova Grosseto comunque siamo un bel gruppo: tanti di noi sono cresciuti insieme accomunati dalla stessa passione per il calcio. E’ un impegno difficile, quello che ci proponete: stare vicino a delle persone gravemente malate non è uno scherzo. Però sono le prove difficili quelle che fanno crescere, anche a livello di gruppo squadra. Penso che se riusciremo a fare amicizia con queste persone che incontreremo alla Farfalla diventeremo ancora più uniti, e questo ci servirà anche quando andremo in campo”.

Questo spirito di famiglia di cui parla Diego si percepisce facilmente anche al campo sportivo della Nuova Grosseto, dove tutti insieme ci trasferiamo alla fine dell’incontro. Il dirigente Carmelo mi carica sul pulmino e mi fa sentire subito uno di loro. “C’è un bel pezzo di sud Italia nella dirigenza della nostra società. Io sono di Catania, il presidente è di Napoli, ma anche diversi genitori dei nostri ragazzi sono nati nel mezzogiorno e si sono trasferiti qui a Grosseto da giovani: alcuni, come anche nel mio caso, per andare a lavorare nei corpi dello stato, Esercito e Aereonautica, che qui a Grosseto hanno delle caserme importanti. E’ bello questo incrocio fra Toscana e meridione che viviamo nella nostra società. C’è tanta organizzazione, c’è voglia di rinnovarsi, anche nelle strutture: per esempio il nuovo fondo del campo principale in erba sintetica, che abbiamo in programma di sostituire a breve. Però c’è anche tanto cuore, tanto senso di buon vicinato, tante porte aperte. Ci sono i ragazzi disabili che vengono a giocare sul campo insieme a noi, ci sono le famiglie che hanno bisogno del nostro pulmino per un trasporto speciale e noi gli diamo le chiavi e prestiamo gratis il mezzo; ci sono i ragazzi che festeggiano qui i compleanni e noi gli lasciamo le chiavi del bar; c’è anche chi non ha il giardino in casa e vuole fare una grigliata all’aperto con gli amici, e noi gliela facciamo fare qui al campo, anche se magari è un genitore di un ragazzo appena arrivato e che conosciamo appena. Qui alla Nuova proviamo a fidarci, a dare le chiavi, a responsabilizzare, sapendo che poi qualche volta va bene e qualche volta va meno bene. Ma se vogliamo crescere insieme come società la parola chiave non può che essere proprio la fiducia. Credere nelle persone, condividere quello che si ha, aiutare le persone diverse a incontrarsi, e rispondere presente a inviti come quello di Non Solo Piedi Buoni”.

U.S.D. FOLGORE SEGROMIGNO PIANO

 

Nella sede di una delle tante società di calcio giovanile disseminate nella piana fra Lucca e Montecatini, c’è un quadretto appeso al muro che salta agli occhi in mezzo a tante coppe e gagliardetti: è il primo piano di una faccia che sorride; ritrae un uomo coi capelli bianchi e con lo sguardo bonario; sembra quasi la foto del presidente della repubblica che si trova affissa negli uffici dei funzionari pubblici ed in effetti, anche in questo caso, di un presidente si tratta. Non della repubblica, però, ma più modestamente della Folgore Segromigno Piano. “Alfredo Chelini è stato il fondatore di questa squadra di calcio, nel 1962: questo campo sportivo è nato con lui; e da lì in poi il presidente non è più cambiato; sempre Alfredo, fino a tre anni fa, quando il nostro presidente è morto a causa di una malattia cardiaca”. A raccontarmi la storia della Folgore Segromigno che si dischiude a partire da questo volto luminoso da nonno felice è Massimo Pascale, informatico di professione e direttore sportivo del Segromigno per passione. Lui è stato il primo dirigente a credere nella proposta arrivata qualche mese fa dalla Figc per far partecipare i ragazzi giallorossi di questo paesino in comune di Capannori al progetto “Non Solo Piedi Buoni”. “Io ho conosciuto di persona il presidente Alfredo solo negli ultimi anni – mi racconta Massimo, seduto orgogliosamente alla scrivania della sede – essendo arrivato qui nel 2014, come tanti genitori che si avvicinano per iscrivere il proprio bambino alla squadra di calcio, e subito vengono rapiti da questa giostra bellissima fatta di sport di base e di socialità. La figura e l’esempio di Alfredo mi sono entrate subito nella testa e nel cuore: e ancora oggi è il suo stile a guidare le nostre scelte societarie piccole e grandi, compresa quella di aderire a questo progetto educativo e sociale per i nostri ragazzi degli Allievi. Alfredo c’era, quando a Segromigno e nei paesi vicini alle porte di Lucca si stabilì una comunità di immigrati marocchini molto numerosa. Fu lui a spronare i dirigenti a fare di tutto perché i figli di questi immigrati potessero giocare a calcio con noi, facendo tutto il possibile per superare gli ostacoli di tipo logistico ed economico. Ancora oggi i bambini e i ragazzi di origine marocchina sono tanti, nelle varie squadre giovanili della Folgore Segromigno Piano. Io spesso e volentieri accompagno questi bambini a casa in macchina nei paesi vicini, dopo l’allenamento. La mamma di uno di questi bambini quando vede tornare il figlio a casa con la mia macchina mi saluta piena di gratitudine e mi riempie di regali sfiziosi, dal pane arabo al cous cous per la mia famiglia. E io torno a casa felice”.

Massimo mi racconta questo aneddoto non a caso: la mission affidata dal progetto “Non Solo Piedi Buoni” alla squadra Allievi del Segromigno, infatti, ha proprio a che fare con l’immigrazione, l’accoglienza e l’inclusione di chi è appena arrivato da lontano sul nostro territorio: per la precisione, i giovani virgulti della squadra giallorossa di Capannori si sono gemellati con la cooperativa Odissea, che proprio a Capannori gestisce due appartamenti in cui vengono ospitati una decina di ragazzi intorno ai 18 anni di età e reduci da viaggi terribili in fuga da miseria, violenze e assenza di futuro. Oggi al campo sportivo tre “angeli custodi” di questi ragazzi sono venuti insieme a me a far visita al Segromigno per incontrare per la prima volta la squadra al termine dell’allenamento: e insieme a loro c’erano anche alcuni dei ragazzi africani da loro ospitati nel centro di accoglienza. “Questi ragazzi vostri coetanei che presto conoscerete, si sono lasciati alle spalle prima e durante il viaggio per l’Italia delle esperienze drammatiche di cui ancora portano i segni a livello esistenziale – ha spiegato alla squadra Valentina – e quando i ragazzi arrivano da noi il rischio è quello che si lascino vincere da queste ferite, dalla sfiducia e dall’isolamento. Per questo siamo davvero felici di fare amicizia con voi! Ogni giovedì, alla fine del vostro allenamento, inviteremo a rotazione tre di voi nei nostri due appartamenti: ci inventeremo dei modi divertenti per passare un paio d’ore tutti insieme; magari una serata in cui ci metteremo tutti in cucina a fare da mangiare mescolando le nostre tradizioni culinarie, o un’altra serata in cui i nostri ospiti provenienti dal Pakistan vi insegneranno a giocare a cricket nel parco vicino a casa… Per voi, oltre alla possibilità di fare qualcosa di importante e decisivo nella storia di questi ragazzi, sarà anche una bella possibilità per imparare tanti annessi e connessi che girano intorno al tema delle migrazioni: i viaggi illegali a causa del divieto di poter salire su un aereo, il sistema della prima accoglienza, le difficoltà da superare per ottenere i documenti, e poi la sfida dell’inserimento a scuola, per imparare l’italiano e ottenere una qualifica lavorativa. Tutto questo, attraverso lo stare insieme con noi e con i nostri ragazzi, emergerà e vi darà delle conoscenze di educazione civica e di diritto che spesso la scuola non dà in modo sufficiente”. La nostra “allenatrice” Valentina termina il suo discorso: poi prendono la parola i ragazzi della squadra Allievi del Segromigno che ci presentano il gruppo, ci parlano del loro campionato appena iniziato, e danno la propria disponibilità a questo gemellaggio speciale targato “Non Solo Piedi Buoni”. Il cerchio a questo punto può sciogliersi, ma prima dei saluti c’è tempo per una bella foto di gruppo tutti insieme. Ci diamo il cinque e ci facciamo gli auguri a vicenda. Che sia una stagione giallorossa memorabile. In campo e fuori.

U.S.D. DON BOSCO FOSSONE

 

L’ultimo paesino toscano lungo l’Aurelia, prima del confine con la Liguria, si chiama Fossone. Una frazione di Carrara chiamata così, raccontano gli abitanti più anziani, perché sorge su un terreno pianeggiante e non rialzato, quasi incastrato fra il mare e le montagne, dove soprattutto in anni passati gli allagamenti in caso di forti piogge erano all’ordine del giorno, con i tanti fossi e canaletti costruiti per irrigare i campi che si gonfiavano fino a trasformare questo piccolo borgo contadino in una specie di piscina. Oggi però le cose sono molto cambiate, non solo a livello idrogeologico ma anche socioeconomico: da paese di mezzadri e di campagne, Fossone è diventato ormai quasi un quartiere di Carrara; un quartiere che però a livello urbanistico conserva qualcosa della vocazione agricola originaria. Le case sono rimaste abbastanza sparse e a misura d’uomo, senza palazzoni a tanti piani e la campagna esiste ancora, con diversi spazi di prato a colorare il paesaggio fra un’abitazione e l’altra. “Su uno di questi prati tanti anni fa ho visto nascere il campo di calcio del Fossone”, mi racconta Giorgio Boni, ex operaio metalmeccanico e storico presidente della squadra del paese: “La prima partita ufficiale qui è stata giocata nel 1989, ma noi su questo prato ci allenavamo fin dal 1970, quando il prete di Fossone ci aiutò a fondare la società sportiva. Io ero un difensore centrale leale ma molto arcigno, marcatore a uomo vecchio stampo. Le partite di Terza Categoria le giocavamo in un altro campo di Carrara, mentre gli allenamenti, come ti dicevo, li facevamo qui, anche se nei primi anni non c’erano nemmeno gli spogliatoi. Ci allenavamo di sera, come tutti i dilettanti, e allora ci attrezzavamo con i fari delle nostre macchine tenute col motore acceso a bordo campo al posto dei riflettori che non avevamo”. Il sogno di trasformare il prato in mezzo ai campi in un terreno di gioco omologato dalla Figc si realizzò dopo la metà degli anni 80 grazie a un regalo grottesco e inaspettato: “Il comune di Carrara ovviamente ci dette una mano, e tanti di noi giocatori e volontari ci prodigammo come manovali; ma la cosa più importante, cioè il baracchino adibito a spogliatoi, ci arrivò nientemeno che dal Friuli; era una piccola casa in prefabbricato usata a Udine nei primi anni dopo il terremoto. Noi avevamo un amico friulano che si era trasferito a lavorare a Carrara che ci propose questa donazione, una volta che la ricostruzione del Friuli aveva già bruciato le tappe. Per noi vedere il nostro campo di gioco di infanzia trasformato in un campo di calcio regolamentare, seppure molto arrangiato, fu un sogno che diventava realtà: io avevo già smesso di giocare da due anni, avevo già superato i 40, ma per la partita inaugurale del Fossone nel suo campo di casa in Terza Categoria, intitolato a mio cugino, nel 1989, tornai in campo anche se solo per una partita. Un addio al calcio che non dimenticherò mai”.

Addio solo al calcio giocato però, visto che la storia d’amore fra Giorgio e il Fossone non è mai finita e va avanti tuttora. “La nostra ispirazione è sempre stata l’inclusione sociale. Noi del Fossone oggi come ieri cerchiamo di accogliere tutti, a partire da chi è scartato da altre realtà: il ragazzino che ha una situazione familiare complicata, ma anche chi ha un fisico troppo cicciottello o troppo magrolino, qui da noi ha la precedenza sugli altri a livello di scuola calcio, perché ha più bisogno degli altri e noi non vogliamo rischiare che questo ragazzino più fragile resti senza amici. Mi ricordo gli anni 80 con la piaga della droga che arrivò dilagante anche da noi a Carrara. All’epoca come dirigente mi dava una mano un mio amico vigile urbano, che conosceva la città e il lungomare palmo a palmo: andavamo io e lui in tutti i bar e in tutti i ritrovi più a rischio per gli adolescenti, interrompevamo le loro conversazioni e invitavamo tutti a Fossone ad allenarsi con noi. Al tempo il reclutamento era così, porta a porta, bar dopo bar, altro che email!”. L’ultima tappa importante nella storia del Fossone è datata 2012, anno della fusione con l’Oratorio Don Bosco, un’altra storica società di calcio carrarese. “Un giorno si presentò da me una ragazza spigliatissima e piena di energia: si chiamava Marina, era la direttrice del Don Bosco Calcio; mi disse che loro avevano tanti ragazzini tesserati ma ultimamente facevano fatica a trovare un campo dove allenarsi e giocare. Quella richiesta ci arrivò proprio nel momento giusto, perché noi l’anno prima avevamo posato l’erba sintetica nel nostro campo a Fossone, e con i lavori durati tanto tempo avevamo perso parecchi tesserati. E’ proprio vero che l’unione fa la forza”. E così da 12 anni ecco a voi il Don Bosco Fossone, che ha fuso le due società originarie in un unico nome e in un’unica maglia dai colori giallo, rosso e blu. “Anche l’intesa fra me e Marina è perfetta, a proposito di fusione”. Marina che peraltro nel Don Bosco Fossone non è una mosca bianca, a livello di presenza femminile: anno dopo anno, il presidente Giorgio sta diventando sempre di più beato fra le donne. “La responsabile della scuola calcio è una donna anche lei, si chiama Valentina e ha tutti i patentini e le licenze possibili e immaginabili. Fa l’infermiera in ospedale nel reparto pediatria e ha un figlio piccolino che porta al campo quasi ogni pomeriggio con sé, e io mi sento quasi suo nonno giocandoci tutti i giorni”. Il Don Bosco Fossone oggi è una grande famiglia con quasi 500 tesserati, fra atleti (più di 300), tecnici e dirigenti. Fra le tante squadre di Fossone ai nastri di partenza quest’anno ci sono anche gli Allievi provinciali, che nei prossimi mesi parteciperanno al progetto Figc “Non Solo Piedi Buoni” in rappresentanza della provincia di Massa-Carrara. “E’ una squadra forte, affiatata, cresciuta insieme, che ha le carte in regola per fare un campionato di vertice”, si lecca i baffi il presidente Giorgio mentre osserva i suoi ragazzi e i loro due allenatori sgambettare sul campo a inizio allenamento: “Per crescere ancora gli manca qualcosina dal punto di vista caratteriale, saper reagire senza disunirsi alle difficoltà, a una partita che inizia in salita… Penso che questo allenamento di educazione civica che faranno durante l’anno andando a fare amicizia con i nonni del circolo pensionati di Marina di Carrara li aiuterà a migliorare anche come squadra. Dentro i racconti di noi vecchi ci sono tanti insegnamenti, anche a livello di difficoltà da superare, di sacrifici, di solidarietà. So che con i pensionati del circolo i ragazzi della nostra squadra faranno anche diverse gite dentro e intorno a Carrara, imparando tante storie e tanti luoghi nascosti della nostra città. Un bel modo per aiutare i nostri ragazzi a rendersi conto che sì, sul telefonino ci sono scritte tante cose importanti; ma imparare la vita e la nostra città ascoltando, guardando negli occhi, facendo amicizia, viaggiando e toccando con mano è un’emozione unica che la tecnologia non potrà mai superare”.

 

A.C. CAPOSTRADA BELVEDERE

 

Ci sono dei calci di rigore che cambiano la storia. Che fanno vincere o perdere trofei, che realizzano sogni e creano i presupposti per cullarne di nuovi. Uno di questi rigori-spartiacque, per esempio, è all’origine della nascita di una società di calcio. Un rigore vecchio di 45 anni, ormai, ma che Fabio Fontana, il presidente del Capostrada calcio, lo ricorda come se fosse ieri. “Era l’estate del 1980, io all’epoca ero un calciatore amatoriale che aveva smesso da poco. Dirigevo una squadra di amatori proprio a Capostrada, il quartiere di Pistoia ai piedi dell’Appennino dove abitavo e dove abito tuttora. Questa squadra di amatori era discretamente forte, e così in quell’estate decidemmo di iscriverci al torneo di Porretta Terme: un appuntamento clou del calcio amatoriale delle nostre zone, con decine di squadre provenienti da diverse regioni italiane. Il montepremi era di quelli che facevano sognare: l’equivalente di quasi 10mila euro dei giorni nostri. Nei primi turni eliminatori giocavamo con spensieratezza. Però vincevamo, vincevamo ancora, e piano piano il sogno della finale cominciò a diventare sempre più a portata di mano. Le fantasie su come spendere quei tanti milioni di lire in palio imperversavano sempre di più nelle nostre chiacchiere alla casa del popolo, tra una partita e l’altra del torneo di Porretta. Tutta la squadra si trovò concorde su un progetto: se avessimo vinto il torneo, il ricco montepremi lo avremmo usato per fondare una società di calcio giovanile nel nostro quartiere. Il campo di calcio già c’era: era quello della parrocchia, il glorioso “Legno Rosso” che è tuttora la nostra casa. Ma nel 1980 ci giocavano solo i ragazzi del gioco libero e gli amatori. Noi invece volevamo creare una squadra vera, per i bambini e i ragazzini di diverse annate. Non avevamo un piano B, come risposta alla domanda “dove trovare i soldi per comprare tutto il materiale tecnico e iscriverci ai diversi campionati giovanili”: l’unica strada per partire subito e fondare il Capostrada era vincere il torneo di Porretta”. E così arrivò il giorno della finalissima, nella quale Fabio e i suoi ragazzi si trovarono di fronte la favoritissima Centese: “Gli avversari venivano dalla Romagna, erano molto più forti di noi, ma noi restammo umili e facemmo catenaccio dal primo all’ultimo minuto, supplementari compresi. Ci aggrappammo allo 0-0 come dei naufraghi alla ciambella di salvataggio. Lo 0-0 più bello della mia vita”. Già, perché grazie a quello 0-0 i giovanotti di Capostrada si conquistarono l’epilogo della finale con i tiri dagli undici metri. “Fino al quarto rigore sia noi sia la Centese segnarono. Poi, proprio all’ultimo rigore, uno della Centese calciò a lato. A quel punto segnare l’ultimo rigore avrebbe voluto dire vincere e portare a casa il montepremi. Mi ricordo ancora il nostro regista di centrocampo Fabio, che andò a calciare il tiro decisivo. Prima di andare al dischetto si fermò nel cerchio di centrocampo e mi sussurrò: “Fabio avviati, vai a prendere l’assegno”. Per la serie, scaramanzia zero. Io invece mi toccai da tutte le parti, ma aveva ragione lui. Il rigore fu trasformato, e da lì è cominciata la nostra storia”. A volte quando c’è da dividere un ricco premio in denaro il rischio è quello di rompere improvvisamente la comunione di intenti e andare a litigare: invece Fabio e i suoi amici del quartiere restarono fedeli alla loro promessa anche a giochi fatti. E così, detto fatto, il Capostrada iscrisse (proprio con i soldi vinti al torneo di Porretta) le prime due squadre giovanili ai campionati Figc.

Avanti veloce di 45 anni. Il vissutissimo campo sportivo “Legno Rosso” porta il peso di migliaia e migliaia di partite e allenamenti: in compenso il comune di Pistoia ha trovato i soldi per ristrutturarlo, ammodernando campo in erba sintetica, spogliatoi e pizzeria del centro sportivo. “Ci vorranno due anni di esilio, ma poi la nostra casa sarà un gioiello!”, gongola Fabio, che dopo 45 anni è ancora il presidente del Capostrada calcio, diventata nel frattempo una delle realtà sportive giovanili più apprezzate in città. “Il nome Capostrada corrisponde a malapena a un quartiere: è l’ultimo incrocio a nord della città, prima dell’inizio della salita dell’Abetone, con un po’ di case intorno e una chiesa. E poi ci siamo noi pallonari, che con la nostra squadra facciamo fare sport e aiutiamo a diventare grandi centinaia di ragazzini. Quest’anno ne abbiamo tesserati 300. I bimbi delle prime squadre degli anni 80 ora sono genitori e portano al campo i loro figli. Di generazione in generazione, col Capostrada nel cuore. Siamo o non siamo una grande famiglia?”. Fabio fra l’altro conosce davvero tutti, da buon capostipite, in questa grande famiglia aranciobu nata dal calcio di rigore di Porretta Terme. E al campo chiama tutti per nome. “Sono vecchio ma per fortuna non ancora sonato. E sono proprio contento che la Figc abbia pensato anche alla nostra squadra Juniores per partecipare al progetto educativo Non Solo Piedi Buoni. Loro i piedi ce li hanno discreti, a dir la verità, perché fanno il campionato regionale. Però di buono hanno soprattutto il cuore. Sono ragazzi in gamba, cresciuti insieme, che rispettano gli altri e che sanno prendersi la responsabilità. Sono sicuro che andando a trovare tutti i mercoledì i detenuti del carcere della nostra città faranno un bel lavoro, incoraggiandoli e imparando tante cose dai loro sbagli e dalla loro voglia di ricominciare. Guarda, già che ci sono do anche il mio documento al carcere, così una volta vengo anch’io a giocare a calcetto alla casa circondariale. Se mi riesce porto anche Fabio, che anche lui oggi ha i capelli bianchi ma gioca ancora a calcetto con gli amici. Dobbiamo fargli vedere quest’ultima cosa bella che sta nascendo sempre grazie al suo calcio di rigore da cui la nostra favola è iniziata”.

A.C.D. BIBBIENA

A Bibbiena, il paese più popoloso fra i centri abitati alle pendici dei monti del Casentino (sulla strada che dopo il passo della Consuma scende verso Arezzo), c’è un campo sportivo bellissimo, in erba naturale, in mezzo alle case e a pochi passi dalla stazione. Per la gente del posto è il “campo Ferrovia”. A differenza dello stadio, che si trova nella parte più alta del paese e dove vengono disputate le partite più importanti, qui al campo Ferrovia si viene soprattutto per allenarsi. Io ci arrivo nel bel mezzo di un pomeriggio nuvoloso, ventoso e molto autunnale: eppure il via vai festoso di atleti di tutte le età è così bello da riscaldare il cuore più del giacchettino appena tirato fuori dall’armadio. Bambini, ragazzini, ragazzi e amatori si dividono tre campi di gioco (solo uno dei quali regolamentare) e i rispettivi spogliatoi. Al contempo intorno al prato verde un bel manipolo di genitori e di nonni chiacchiera animatamente chiamandosi non per nome ma per soprannome: “Stagnino!” “Grillone!” “Mocca!” “Dumbo!”, il clima insomma è da strapaese. Sono appena arrivato, nessuno mi conosce, ma già ho trovato un signore coi capelli bianchi che mi racconta vita, morte e miracoli del Bibbiena. “Il nostro Maradona non si chiama Diego Armando, ma Emanuele. Per tutti è Giaccherini. Te lo ricordi no, in Nazionale, nella Juve, nel Napoli, in Inghilterra?”. Certo che me lo ricordo! Il ct Antonio Conte lo aveva ribattezzato Giaccherinho, per il suo guizzo da ala sudamericana e la sua eleganza nel tocco di palla e nell’uno contro uno. Però mai e poi mai mi sarei immaginato che Giaccherini fosse partito da qui, dal campo Ferrovia. “Lui abitava e abita ancora oggi a Talla, un paesino a pochi chilometri da qui. A 16 anni avrebbe dovuto giocare negli Allievi, ma essendo un fenomeno il mister lo buttò nella mischia in prima squadra, in Promozione. Cominciò benino ma durante l’inverno ebbe uno scontro di gioco violentissimo con il portiere avversario. Si fermò, gli prese paura, non voleva più tornare a giocare! E il Bibbiena era finito in zona retrocessione. Io all’epoca guidavo il pulmino per andare a prendere i ragazzi a casa e portarli al campo. Passavo sempre da casa sua, provavo a convincerlo: dai, torna a giocare! Un bel giorno a inizio primavera tornò. Fece 8 gol in poche partite, un extraterrestre. Ci salvammo. Il Cesena si accorse di lui, e la sua carriera da professionista iniziò. Lui è partito da qui, da Bibbiena. Ora Emanuele fa il commentatore per Dazn, però ogni volta che lo invitiamo, più volte all’anno, viene a trovarci qui al campo Ferrovia. La sua presenza è un bello stimolo per i nostri ragazzi”.

Fra i tanti bambini e ragazzi che sognano di imitare le serpentine di Giaccherini c’è anche una squadra Allievi appena nata: “Fino a qualche mese fa eravamo deboli nell’annata degli attuali under 17 – mi racconta Giacomo, il responsabile settore giovanile della società rossoblù – ma in estate diversi ragazzi in arrivo da un’altra squadra del Casentino ci hanno dato manforte e così eccoci qui, con una squadra in più ai nastri di partenza”. E’ proprio in onore di questa squadra nuova di zecca che oggi mi sono spinto fin quaggiù, per presentare agli Allievi del Bibbiena il progetto Figc “Non Solo Piedi Buoni” a cui prenderanno parte in rappresentanza della provincia di Arezzo. Ad ascoltare la presentazione, oltre ai vivacissimi e simpaticissimi giovani calciatori (quelli con la parlantina più pronta fra le squadre incontrate in giro per la Toscana) ci sono anche il presidente Fausto e tanti genitori con gli occhi raggianti. “Il Bibbiena è loro” riprende improvvisamente il filo del discorso Stagnino, il primo autista di Giaccherini ai tempi delle giovanili del Bibbiena, dotato di un eloquio schietto e illuminante: “I presidenti del calcio giovanile oggi sono le famiglie. Senza la loro presenza, il loro volontariato e i loro soldi qui non ci sarebbe niente. Il nostro scopo come dirigenti del calcio giovanile è prima di tutto fare contenti loro, i nostri veri azionisti di maggioranza, i babbi e le mamme, attraverso il servizio che facciamo ai ragazzi”. Io nel frattempo mi presento ai ragazzi e faccio del mio meglio per tirare la volata ad Andrea Gennai, il direttore dell’Ente Parco Foreste Casentinesi, che fra poco diventerà per questi sedicenni del Bibbiena un allenatore sui generis di educazione civica per conto della Figc: “Ogni giovedì pomeriggio faremo una piccola escursione. Vi porterò a conoscere dei luoghi del Parco, delle attività e delle persone speciali, che danno la vita per prendersi cura delle bellezze naturalistiche e degli animali del nostro territorio. Ci sarà anche da rimboccarsi le maniche, perché abbiamo bisogno del vostro aiuto. Ma ci sarà soprattutto da divertirsi e da imparare”. I giovani calciatori e Andrea iniziano a scambiarsi nomi di località all’interno del Parco che io, da animale metropolitano del Valdarno inferiore, non conosco nemmeno lontanamente ma che non vedo l’ora di scoprire nei prossimi mesi insieme ai ragazzi. Gli azionisti di maggioranza (alias i babbi e le mamme) dal canto loro applaudono a scena aperta e già avanzano auto-candidature: “Scusate, possono partecipare alle escursioni anche i genitori?”. Andrea mi fa l’occhiolino e mi risponde compiaciuto: “Tommaso, hai visto? Ecco trovati gli autisti di riserva”.

G.S. BELLARIA CAPPUCCINI

Da bambino e fino all’età delle superiori ho giocato portiere in una squadra di Pontedera chiamata Bellaria Cappuccini. Il campo dove ho vissuto i miei (rari) momenti di gloria fra i pali è stato dismesso una quindicina d’anni fa, per fare spazio a una nuova zona residenziale. In compenso la Bellaria esiste ancora. Il centro sportivo della mia infanzia è stato ricostruito in grande stile a poche centinaia di metri da quello originario, sempre nel quartiere dell’ospedale e della chiesa dei frati da cui la società prende il nome. Il nuovo centro sportivo, ricostruito con i soldi incassati dalla vendita del vecchio campo di gioco, è diventato un punto di riferimento nella città della Vespa per tantissimi sport: dal calcio al rugby, dalla pallavolo al calcetto fino alla pallacanestro. Rispetto ai miei tempi è quindi cresciuto tantissimo il numero dei giovani atleti, e con esso la struttura organizzativa. Tuttavia è bello per me constatare come anche a distanza di 30 anni alcuni punti fermi in carne e ossa dello staff dirigenziale siano rimasti gli stessi di quando c’ero io, in mezzo a tanti cambiamenti ed evoluzioni. Il “mio” presidente Piero Becattini, per esempio, che quando io ero il portiere della Bellaria esordienti era un ferroviere-ciclista nonché presidente della società di calcio, è cresciuto di grado: presidente onorario, capostipite, splendido ottantenne sempre al campo sportivo e sempre pronto ad accogliere, salutare vecchi amici e dare consigli utili. E poi l’altro Piero, Vetturi: all’epoca direttore sportivo, e anche lui operativo al massimo oggi come ieri dietro la scrivania della sede e intorno ai campi da gioco dei tanti sport praticati qui alla Bellaria. E’ proprio grazie all’amicizia rimasta nel tempo con questi due Pieri che il progetto della Figc “Non solo piedi buoni” ha bussato anche alle porte della Bellaria Cappuccini, trovando fin da subito un’accoglienza entusiasta. “Vuoi sapere la mia? Dovresti proporre di partecipare a una delle nostre squadre femminili”, fu il primo consiglio del presidente onorario Piero, con annesso numero telefonico di un dirigente della Bellaria calcio femminile da chiamare. Consiglio seguito senza indugio, visto che nel roster delle squadre partecipanti a questo progetto una squadra di ragazze ancora mancava. 

Una telefonata, un incontro, una riunione… Durante l’estate la tela è stata tessuta con pazienza fra me, i dirigenti Marco e Giampaolo e l’educatore Lorenzo, responsabile della comunità per minori di Pontedera con la quale le bimbe dell’under 17 della Bellaria sono state invitate a gemellarsi in questa stagione che sta per iniziare. Eccoci finalmente alla presentazione ufficiale insieme alle ragazze e ad alcuni loro genitori. Io, i dirigenti della Bellaria e Lorenzo della comunità per minori le incontriamo nel salone del ristorante della società sportiva adibito per l’occasione a sala riunioni, con tanto di slide e proiettore sullo sfondo. Le ragazze ci raccontano di essere l’ultima creatura del settore giovanile femminile della società verdeblù: “Per noi la chiamata della Bellaria è stata una benedizione, perché fino all’anno scorso giocavamo nell’Empoli che quest’anno non si è iscritto al nostro campionato under 17, lasciandoci tutte libere. L’iniziativa della Bellaria di allestire una squadra della nostra età ci ha consentito di continuare a giocare a calcio in una squadra vicina a casa”. Di fronte alla presentazione di questo “allenamento alternativo” di educazione civica proposto dalla Figc e sposato dai dirigenti della squadra, le ragazze appaiono ovviamente sorprese. Mentre Lorenzo presenta loro la realtà della comunità per minori, loro sgranano gli occhi e non si perdono una parola. “Sono ragazzi e ragazze più o meno della vostra età, molto più simili a voi di quanto non immaginiate. Sono ragazzi che vanno a scuola come voi, che cercano di trovare il loro posto nel mondo, con le loro passioni e le loro paure tipiche dell’adolescenza. La particolarità sta nelle ferite che questi nostri ragazzi e ragazze portano nel cuore, ferite figlie di una cura da parte dei genitori che gli è mancata e che ha causato l’allontanamento da casa disposto dal tribunale dei minorenni. La vostra presenza nella nostra comunità ogni martedì pomeriggio ci riempie di gioia perché noi ci teniamo a non essere visti come un luogo chiuso e inaccessibile, ma al contrario ad avere le porte aperte alle associazioni di Pontedera: voi potete essere importanti per i nostri ragazzi, facendo il tifo per loro, diventando loro amici e aiutandoli a disinfettare certe loro ferite interiori; ma anche noi della comunità vogliamo fare il tifo per la Bellaria femminile, e verremo al campo a vedervi quando il campionato comincerà”.

Le ragazze della Bellaria e i loro dirigenti chiedono subito se fra le bimbe della comunità ce n’è per caso qualcuna a cui piace giocare a calcio. “E’ una domanda interessata, eh, chiariamo subito. Siamo ancora in cerca di un portiere…”. Chissà che da questo gemellaggio la Bellaria femminile non abbia da guadagnarci anche in sede di “calciomercato”. Intanto Piero (il presidente onorario e fondatore della Bellaria) fa capolino dietro le quinte della presentazione, scatta foto di gruppo per il calendario 2025 della società sportiva posando come una star in mezzo a giovani che vanno e vengono, e se la ride soddisfatto: “Hai visto Tommaso che bel casino che c’abbiamo qui dentro?” La sua favola colorata di verde e di blu nata nel 1972, e su cui lui ha lasciato un pezzetto di cuore ad ogni pagina, ora con le sue bimbe della under 17 e insieme alla comunità per minori di Pontedera si arricchisce di un nuovo capitolo fatto di sport e di solidarietà di cui andare orgogliosi.    

Presentazione di “Non Solo Piedi Buoni”

Il progetto educativo “Non solo piedi buoni” coinvolge durante la stagione 2024/2025 dieci squadre giovanili toscane della categoria Allievi o Juniores.

Ogni squadra partecipante al progetto è gemellata con una realtà del sociale che opera nella stessa città o paese dove la squadra in questione ha sede.

Qui di seguito ecco l’elenco degli abbinamenti:

  • nella provincia di Arezzo, gli Allievi del A.C. Bibbiena si prendono cura del parco naturale delle foreste casentinesi sotto la guida del personale dei carabinieri forestali dell’omonimo Ente Parco;
  • nella provincia di Firenze, gli Allievi della U.S. Sales fanno compagnia ad alcune persone senza tetto ospiti del dormitorio comunale di Firenze “Albergo Popolare“;
  • nella provincia di Grosseto, gli Juniores della Nuova Grosseto Barbanella fanno visita all’associazione “La Farfalla”, che si occupa di cure palliative per malati oncologici;
  • nella provincia di Livorno, gli Allievi dell’ Orlando Calcio Livorno fanno amicizia con la casa famiglia per minori in affido (dai 6 ai 12 anni) di Quercianella (LI), a cura della Caritas diocesana;
  • nella provincia di Lucca, gli Juniores della A.S.D. Folgore Segromigno Piano sono collegati con il centro di accoglienza per migranti “Odissea” di Capannori (LU);
  • nella provincia di Massa Carrara, gli Allievi del A.S.D. Don Bosco Fossone sono gemellati con il circolo ricreativo comunale per pensionati di Marina di Carrara;
  • nella provincia di Pisa, le Allieve del G.S. Bellaria Cappuccini sono abbinate alla casa famiglia per minori in affido (dai 12 ai 18 anni) di Pontedera (PI), a cura della Cooperativa Sociale Arnera;
  • nella provincia di Pistoia, gli Juniores del A.C. Capostrada Belvedere fanno visita nel carcere di Pistoia ad alcuni detenuti per giocare a calcetto con loro e per condividere alcuni racconti di vita;
  • nella provincia di Prato, gli Juniores del Paperino San Giorgio fanno da fratelli maggiori ai bambini di una scuola elementare del quartiere multietnico San Paolo di Prato nell’ambito di un doposcuola pomeridiano nei locali della parrocchia del quartiere;
  • nella provincia di Siena, gli Juniores del G.S. San Miniato sono collegati con la squadra Special Olympics di calcio “Le Bollicine”, con la quale i ragazzi si uniscono a turno durante gli allenamenti conoscendo le storie dei genitori, dei volontari e degli operatori che ruotano attorno alla vita di questi calciatori speciali con disabilità di tipo cognitivo.

Il progetto prevede che ogni squadra individui una finestra di tempo settimanale (per esempio, ogni giovedì dalle 16 alle 18) nella quale i giovani calciatori si rechino in piccoli gruppi (3-4 ragazzi ogni settimana) presso la sede della realtà cittadina a loro abbinata, per mettersi a disposizione degli educatori o dei responsabili di quest’ultima e svolgere delle attività di volontariato con gli utenti o ospiti della struttura. L’amicizia fra ogni squadra e la rispettiva associazione o istituzione prende corpo non soltanto durante la settimana grazie all’impegno dei ragazzi, ma anche il sabato e la domenica in occasione delle partite di campionato delle 10 squadre coinvolte.

Il progetto infatti prevede che il supervisore Tommaso Giani, insieme ad alcuni dirigenti e tecnici della Figc, effettui tre “giri dei campi”, andando ad assistere e ad animare tre partite di ognuna delle dieci squadre partecipanti.

In occasione di queste visite, al termine della partita la Figc organizzerà un terzo tempo per riunire i calciatori, i loro avversari di giornata e i genitori in un momento di convivialità e di condivisione, nel quale i ragazzi stessi (insieme ai responsabili della realtà del sociale loro collegata) avranno modo di raccontare pubblicamente l’esperienza di impegno civico che stanno vivendo.

Tutte e 10 queste storie di amicizia e di partecipazione verranno raccontate sugli organi di comunicazione della Figc grazie al lavoro del supervisore Tommaso Giani che ogni giorno sarà impegnato a visitare le associazioni dove i ragazzi delle diverse squadre saranno impegnati e, nel fine settimana, farà il tifo per le dieci squadre a bordo campo, andando a turno a trovare ciascuna di loro, per produrre reportage e approfondimenti a cadenza quasi giornaliera.

La conclusione del progetto sarà a fine maggio a Coverciano, dove i componenti delle squadre si conosceranno di persona, vivranno tutte insieme una giornata di calcio giocato con un breve torneo sui campi del Centro Tecnico e nel pomeriggio si trasferiranno nell’auditorium per raccontare alle altre squadre la loro esperienza di impegno civico all’interno di Solo Piedi Buoni.

Al termine della giornata avverrà la premiazione. In palio ci sarà, per le squadre vincitrici, un altro giorno a Coverciano ma stavolta in compagnia della Nazionale maggiore; altri premi, tra cui maglie ufficiali e altri gadget della Nazionale e di squadre di serie A e B, saranno consegnati  ai ragazzi di tutte e 10 le squadre partecipanti.

In questa stagione è toccato a queste dieci società, ma la prossima potrebbe essere la tua squadra una delle partecipanti!

Se volete essere tra queste, inviate una mail a l.lunghini@lnd.it per tutte le info!