U.S.D. DON BOSCO FOSSONE

 

L’ultimo paesino toscano lungo l’Aurelia, prima del confine con la Liguria, si chiama Fossone. Una frazione di Carrara chiamata così, raccontano gli abitanti più anziani, perché sorge su un terreno pianeggiante e non rialzato, quasi incastrato fra il mare e le montagne, dove soprattutto in anni passati gli allagamenti in caso di forti piogge erano all’ordine del giorno, con i tanti fossi e canaletti costruiti per irrigare i campi che si gonfiavano fino a trasformare questo piccolo borgo contadino in una specie di piscina. Oggi però le cose sono molto cambiate, non solo a livello idrogeologico ma anche socioeconomico: da paese di mezzadri e di campagne, Fossone è diventato ormai quasi un quartiere di Carrara; un quartiere che però a livello urbanistico conserva qualcosa della vocazione agricola originaria. Le case sono rimaste abbastanza sparse e a misura d’uomo, senza palazzoni a tanti piani e la campagna esiste ancora, con diversi spazi di prato a colorare il paesaggio fra un’abitazione e l’altra. “Su uno di questi prati tanti anni fa ho visto nascere il campo di calcio del Fossone”, mi racconta Giorgio Boni, ex operaio metalmeccanico e storico presidente della squadra del paese: “La prima partita ufficiale qui è stata giocata nel 1989, ma noi su questo prato ci allenavamo fin dal 1970, quando il prete di Fossone ci aiutò a fondare la società sportiva. Io ero un difensore centrale leale ma molto arcigno, marcatore a uomo vecchio stampo. Le partite di Terza Categoria le giocavamo in un altro campo di Carrara, mentre gli allenamenti, come ti dicevo, li facevamo qui, anche se nei primi anni non c’erano nemmeno gli spogliatoi. Ci allenavamo di sera, come tutti i dilettanti, e allora ci attrezzavamo con i fari delle nostre macchine tenute col motore acceso a bordo campo al posto dei riflettori che non avevamo”. Il sogno di trasformare il prato in mezzo ai campi in un terreno di gioco omologato dalla Figc si realizzò dopo la metà degli anni 80 grazie a un regalo grottesco e inaspettato: “Il comune di Carrara ovviamente ci dette una mano, e tanti di noi giocatori e volontari ci prodigammo come manovali; ma la cosa più importante, cioè il baracchino adibito a spogliatoi, ci arrivò nientemeno che dal Friuli; era una piccola casa in prefabbricato usata a Udine nei primi anni dopo il terremoto. Noi avevamo un amico friulano che si era trasferito a lavorare a Carrara che ci propose questa donazione, una volta che la ricostruzione del Friuli aveva già bruciato le tappe. Per noi vedere il nostro campo di gioco di infanzia trasformato in un campo di calcio regolamentare, seppure molto arrangiato, fu un sogno che diventava realtà: io avevo già smesso di giocare da due anni, avevo già superato i 40, ma per la partita inaugurale del Fossone nel suo campo di casa in Terza Categoria, intitolato a mio cugino, nel 1989, tornai in campo anche se solo per una partita. Un addio al calcio che non dimenticherò mai”.

Addio solo al calcio giocato però, visto che la storia d’amore fra Giorgio e il Fossone non è mai finita e va avanti tuttora. “La nostra ispirazione è sempre stata l’inclusione sociale. Noi del Fossone oggi come ieri cerchiamo di accogliere tutti, a partire da chi è scartato da altre realtà: il ragazzino che ha una situazione familiare complicata, ma anche chi ha un fisico troppo cicciottello o troppo magrolino, qui da noi ha la precedenza sugli altri a livello di scuola calcio, perché ha più bisogno degli altri e noi non vogliamo rischiare che questo ragazzino più fragile resti senza amici. Mi ricordo gli anni 80 con la piaga della droga che arrivò dilagante anche da noi a Carrara. All’epoca come dirigente mi dava una mano un mio amico vigile urbano, che conosceva la città e il lungomare palmo a palmo: andavamo io e lui in tutti i bar e in tutti i ritrovi più a rischio per gli adolescenti, interrompevamo le loro conversazioni e invitavamo tutti a Fossone ad allenarsi con noi. Al tempo il reclutamento era così, porta a porta, bar dopo bar, altro che email!”. L’ultima tappa importante nella storia del Fossone è datata 2012, anno della fusione con l’Oratorio Don Bosco, un’altra storica società di calcio carrarese. “Un giorno si presentò da me una ragazza spigliatissima e piena di energia: si chiamava Marina, era la direttrice del Don Bosco Calcio; mi disse che loro avevano tanti ragazzini tesserati ma ultimamente facevano fatica a trovare un campo dove allenarsi e giocare. Quella richiesta ci arrivò proprio nel momento giusto, perché noi l’anno prima avevamo posato l’erba sintetica nel nostro campo a Fossone, e con i lavori durati tanto tempo avevamo perso parecchi tesserati. E’ proprio vero che l’unione fa la forza”. E così da 12 anni ecco a voi il Don Bosco Fossone, che ha fuso le due società originarie in un unico nome e in un’unica maglia dai colori giallo, rosso e blu. “Anche l’intesa fra me e Marina è perfetta, a proposito di fusione”. Marina che peraltro nel Don Bosco Fossone non è una mosca bianca, a livello di presenza femminile: anno dopo anno, il presidente Giorgio sta diventando sempre di più beato fra le donne. “La responsabile della scuola calcio è una donna anche lei, si chiama Valentina e ha tutti i patentini e le licenze possibili e immaginabili. Fa l’infermiera in ospedale nel reparto pediatria e ha un figlio piccolino che porta al campo quasi ogni pomeriggio con sé, e io mi sento quasi suo nonno giocandoci tutti i giorni”. Il Don Bosco Fossone oggi è una grande famiglia con quasi 500 tesserati, fra atleti (più di 300), tecnici e dirigenti. Fra le tante squadre di Fossone ai nastri di partenza quest’anno ci sono anche gli Allievi provinciali, che nei prossimi mesi parteciperanno al progetto Figc “Non Solo Piedi Buoni” in rappresentanza della provincia di Massa-Carrara. “E’ una squadra forte, affiatata, cresciuta insieme, che ha le carte in regola per fare un campionato di vertice”, si lecca i baffi il presidente Giorgio mentre osserva i suoi ragazzi e i loro due allenatori sgambettare sul campo a inizio allenamento: “Per crescere ancora gli manca qualcosina dal punto di vista caratteriale, saper reagire senza disunirsi alle difficoltà, a una partita che inizia in salita… Penso che questo allenamento di educazione civica che faranno durante l’anno andando a fare amicizia con i nonni del circolo pensionati di Marina di Carrara li aiuterà a migliorare anche come squadra. Dentro i racconti di noi vecchi ci sono tanti insegnamenti, anche a livello di difficoltà da superare, di sacrifici, di solidarietà. So che con i pensionati del circolo i ragazzi della nostra squadra faranno anche diverse gite dentro e intorno a Carrara, imparando tante storie e tanti luoghi nascosti della nostra città. Un bel modo per aiutare i nostri ragazzi a rendersi conto che sì, sul telefonino ci sono scritte tante cose importanti; ma imparare la vita e la nostra città ascoltando, guardando negli occhi, facendo amicizia, viaggiando e toccando con mano è un’emozione unica che la tecnologia non potrà mai superare”.