Mi chiamo Alessio e sono il centravanti della squadra Allievi under 17 della Folgore Segromigno Piano. Abito a poche centinaia di metri dal campo sportivo, in questo paesino frazione di Capannori che in pochi conoscono, a parte gli esperti della geografia di Lucca e dintorni. Per me il campo di calcio della mia squadra è un po’ come il cortile di casa: un posto dove si incontrano tante storie, tanti calciatori di diverse età, e dove il paese di Segromigno si sente un po’ come una grande famiglia. A me per esempio il sabato e la domenica piace andare a vedere le partite anche delle altre squadre del Segromigno, di età diverse dalla mia, quando gli orari delle partite della mia squadra non sono gli stessi. Mi sento tifoso del Segromigno quasi quanto sono tifoso della Fiorentina: oggi lo posso dire, anche se a pensarci bene non è sempre stato così. Infatti fino all’età di 10 anni io non giocavo a calcio. Ho iniziato tardi, dopo aver provato altri sport come basket e nuoto. A convincermi a venire al Segromigno fu Alfredo, lo storico presidente e fondatore della società di calcio del nostro paese: un presidente speciale, una persona con il cuore grande, che stava al campo dalla mattina alla sera; il nonno di tutti noi, oltreché mio vicino di casa, uno che stava alla scrivania della sede ma tracciava anche le righe del campo con la carriola prima delle partite. Cinque anni fa Alfredo è morto, ma io tuttora devo ringraziarlo per avermi aperto la porta di questa mia squadra del cuore a chilometro zero.
Da lì in poi, dalla fine delle elementari ad oggi, ho sempre giocato nel Segromigno, a parte una parentesi non felice nel Marlia che mi ha fatto capire una volta di più che la mia casa era la squadra del mio paese. Ho quasi sempre fatto l’attaccante centrale, grazie al fisico massiccio che mi ritrovo. Le mie qualità sono la bravura nel proteggere il pallone, nel fare le sponde per i compagni e ultimamente anche (particolare non da poco) nel buttarla dentro. All’inizio di questa stagione mi sono sbloccato. Un gol di rapina nella seconda amichevole estiva, pochi mesi fa, con un tocco di furbizia nell’area piccola, mi ha dato sicurezza e mi ha spinto a provare a cercare la porta con più decisione. E così anche in campionato ho fatto gol in due delle tre partite giocate finora. Siamo una squadra del campionato provinciale, fra di noi non ci sono fenomeni: però ce la caviamo bene, siamo un bel gruppo fatto di ragazzi che cercano di aiutarsi sempre, in campo e fuori. A proposito della forza del nostro gruppo, sono proprio contento che la Figc abbia scelto noi Allievi del Segromigno per rappresentare la provincia di Lucca nel progetto “Non solo piedi buoni”. Il gemellaggio con il centro di accoglienza per immigrati richiedenti asilo di Capannori che ci è stato proposto è una bella possibilità per diventare ancora più uniti, come squadra, condividendo fra noi calciatori e con il mister un’esperienza tosta di servizio per il nostro territorio. Oggi c’era il primo incontro, in uno degli appartamenti dove i ragazzi richiedenti asilo abitano, e a dare il calcio d’inizio di questo progetto c’ero io, insieme al mio compagno di squadra Leonardo. I ragazzi e gli educatori del centro di accoglienza, Valentina e Leonardo, ci hanno accolto con una super merenda e con un gioco utile per rompere il ghiaccio e per presentarci. I sei ragazzi che abitano nel centro di accoglienza si sono presentati facendoci vedere sulla cartina geografica i paesi dell’Africa dai quali provengono: Benin, Guinea, Costa d’Avorio… Abbiamo anche parlato di calcio, ovviamente, che è una passione che accomuna tanti di noi. Mi ha colpito l’età così giovane di questi ragazzi, tutti minorenni, praticamente della nostra stessa età. Mi ha colpito sapere che pur essendo così giovani si trovano già a vivere molto lontano dai loro genitori e dalle loro famiglie. Abbiamo anche accennato al viaggio che questi ragazzi hanno fatto per arrivare fino a Capannori: io a grandi linee sapevo che si tratta di viaggi pericolosissimi e illegali, passando attraverso il deserto del Sahara, la Libia e infine viaggiando in mare su barche di fortuna; i ragazzi ci hanno fatto capire che questo viaggio lascia delle ferite invisibili a livello psicologico, per tutto il dolore che ognuno di loro ha visto durante i mesi di tragitto; persone morte e abbandonate dai trafficanti, persone rapite, arrestate, minacciate, picchiate… Quello che però non immaginavo assolutamente era il motivo per il quale questi ragazzi si sono affidati ai trafficanti di persone per arrivare in Italia, anziché salire su un aereo. Io credevo che fosse un problema economico, cioè che l’aereo costasse troppo per loro. Invece ho saputo che l’aereo costa molto di meno rispetto alle migliaia di euro che ognuno di questi ragazzi ha dovuto pagare ai trafficanti. Ma salire su un aereo se sei africano e non sei ricco è impossibile per le leggi che ci sono attualmente. Così per questi ragazzi viaggiare illegalmente era l’unica possibilità per scappare dai loro paesi di origine e cercare un futuro migliore.
Mi ha fatto piacere sapere che gli educatori stanno aiutando questi ragazzi appena arrivati in Italia: ognuno di loro frequenta una scuola professionale, ognuno di loro ha un progetto di vita, un lavoro che spera di poter fare qui in zona. Alla fine di questo primo incontro io e Leonardo ci siamo scambiati i contatti Instagram con questi ragazzi. Noi del Segromigno proveremo a fare la nostra parte per aiutare Diallo, Mamadou, Mario e gli altri a sentirsi a casa nella nostra Capannori. Abbiamo tanto da imparare gli uni dagli altri. Speriamo di diventare amici, e di ricordarci (fra tanti anni) quella sera in cui ci trovammo per la prima volta al centro di accoglienza e le nostre strade si incontrarono…