Ci sono dei calci di rigore che cambiano la storia. Che fanno vincere o perdere trofei, che realizzano sogni e creano i presupposti per cullarne di nuovi. Uno di questi rigori-spartiacque, per esempio, è all’origine della nascita di una società di calcio. Un rigore vecchio di 45 anni, ormai, ma che Fabio Fontana, il presidente del Capostrada calcio, lo ricorda come se fosse ieri. “Era l’estate del 1980, io all’epoca ero un calciatore amatoriale che aveva smesso da poco. Dirigevo una squadra di amatori proprio a Capostrada, il quartiere di Pistoia ai piedi dell’Appennino dove abitavo e dove abito tuttora. Questa squadra di amatori era discretamente forte, e così in quell’estate decidemmo di iscriverci al torneo di Porretta Terme: un appuntamento clou del calcio amatoriale delle nostre zone, con decine di squadre provenienti da diverse regioni italiane. Il montepremi era di quelli che facevano sognare: l’equivalente di quasi 10mila euro dei giorni nostri. Nei primi turni eliminatori giocavamo con spensieratezza. Però vincevamo, vincevamo ancora, e piano piano il sogno della finale cominciò a diventare sempre più a portata di mano. Le fantasie su come spendere quei tanti milioni di lire in palio imperversavano sempre di più nelle nostre chiacchiere alla casa del popolo, tra una partita e l’altra del torneo di Porretta. Tutta la squadra si trovò concorde su un progetto: se avessimo vinto il torneo, il ricco montepremi lo avremmo usato per fondare una società di calcio giovanile nel nostro quartiere. Il campo di calcio già c’era: era quello della parrocchia, il glorioso “Legno Rosso” che è tuttora la nostra casa. Ma nel 1980 ci giocavano solo i ragazzi del gioco libero e gli amatori. Noi invece volevamo creare una squadra vera, per i bambini e i ragazzini di diverse annate. Non avevamo un piano B, come risposta alla domanda “dove trovare i soldi per comprare tutto il materiale tecnico e iscriverci ai diversi campionati giovanili”: l’unica strada per partire subito e fondare il Capostrada era vincere il torneo di Porretta”. E così arrivò il giorno della finalissima, nella quale Fabio e i suoi ragazzi si trovarono di fronte la favoritissima Centese: “Gli avversari venivano dalla Romagna, erano molto più forti di noi, ma noi restammo umili e facemmo catenaccio dal primo all’ultimo minuto, supplementari compresi. Ci aggrappammo allo 0-0 come dei naufraghi alla ciambella di salvataggio. Lo 0-0 più bello della mia vita”. Già, perché grazie a quello 0-0 i giovanotti di Capostrada si conquistarono l’epilogo della finale con i tiri dagli undici metri. “Fino al quarto rigore sia noi sia la Centese segnarono. Poi, proprio all’ultimo rigore, uno della Centese calciò a lato. A quel punto segnare l’ultimo rigore avrebbe voluto dire vincere e portare a casa il montepremi. Mi ricordo ancora il nostro regista di centrocampo Fabio, che andò a calciare il tiro decisivo. Prima di andare al dischetto si fermò nel cerchio di centrocampo e mi sussurrò: “Fabio avviati, vai a prendere l’assegno”. Per la serie, scaramanzia zero. Io invece mi toccai da tutte le parti, ma aveva ragione lui. Il rigore fu trasformato, e da lì è cominciata la nostra storia”. A volte quando c’è da dividere un ricco premio in denaro il rischio è quello di rompere improvvisamente la comunione di intenti e andare a litigare: invece Fabio e i suoi amici del quartiere restarono fedeli alla loro promessa anche a giochi fatti. E così, detto fatto, il Capostrada iscrisse (proprio con i soldi vinti al torneo di Porretta) le prime due squadre giovanili ai campionati Figc.
Avanti veloce di 45 anni. Il vissutissimo campo sportivo “Legno Rosso” porta il peso di migliaia e migliaia di partite e allenamenti: in compenso il comune di Pistoia ha trovato i soldi per ristrutturarlo, ammodernando campo in erba sintetica, spogliatoi e pizzeria del centro sportivo. “Ci vorranno due anni di esilio, ma poi la nostra casa sarà un gioiello!”, gongola Fabio, che dopo 45 anni è ancora il presidente del Capostrada calcio, diventata nel frattempo una delle realtà sportive giovanili più apprezzate in città. “Il nome Capostrada corrisponde a malapena a un quartiere: è l’ultimo incrocio a nord della città, prima dell’inizio della salita dell’Abetone, con un po’ di case intorno e una chiesa. E poi ci siamo noi pallonari, che con la nostra squadra facciamo fare sport e aiutiamo a diventare grandi centinaia di ragazzini. Quest’anno ne abbiamo tesserati 300. I bimbi delle prime squadre degli anni 80 ora sono genitori e portano al campo i loro figli. Di generazione in generazione, col Capostrada nel cuore. Siamo o non siamo una grande famiglia?”. Fabio fra l’altro conosce davvero tutti, da buon capostipite, in questa grande famiglia aranciobu nata dal calcio di rigore di Porretta Terme. E al campo chiama tutti per nome. “Sono vecchio ma per fortuna non ancora sonato. E sono proprio contento che la Figc abbia pensato anche alla nostra squadra Juniores per partecipare al progetto educativo Non Solo Piedi Buoni. Loro i piedi ce li hanno discreti, a dir la verità, perché fanno il campionato regionale. Però di buono hanno soprattutto il cuore. Sono ragazzi in gamba, cresciuti insieme, che rispettano gli altri e che sanno prendersi la responsabilità. Sono sicuro che andando a trovare tutti i mercoledì i detenuti del carcere della nostra città faranno un bel lavoro, incoraggiandoli e imparando tante cose dai loro sbagli e dalla loro voglia di ricominciare. Guarda, già che ci sono do anche il mio documento al carcere, così una volta vengo anch’io a giocare a calcetto alla casa circondariale. Se mi riesce porto anche Fabio, che anche lui oggi ha i capelli bianchi ma gioca ancora a calcetto con gli amici. Dobbiamo fargli vedere quest’ultima cosa bella che sta nascendo sempre grazie al suo calcio di rigore da cui la nostra favola è iniziata”.